Cominciò nella Trapani del ʼ550 la lunga via del corallo
Sono molte le città italiane che vagheggiano il loro passato come una sorta di età dell’oro, come uno stadio anteriore che il corso del tempo ha poi cancellato. Trapani è una di queste città e ha le sue buone ragioni di rimpiangere i secoli andati, soprattutto il Sei e il Settecento, quando era un punto di riferimento importante dei pellegrinaggi religiosi, del mercato del sale, dei traffici legati alla produzione artigianale prima artistica poi del corallo e dell’alabastro. I nobili e i popolani che vi giungevano dal mare, per visitare il santuario della SS. Nunziata, andavano tutti, certamente, nella via del corallo, una grande arteria che attraversava da nord a sud la città ricca di botteghe artigiane, di folla e di traffici.
I corallari formavano un ceto professionale particolarmente fiorente, attivissimo, turbolento persino, se (come dicono le storie) si imposero a poco a poco tra i diversi artigiani fino a costituire una corporazione in grado di indurre i governanti a legiferare in suo favore in più di una occasione. O di creare tumuli e vere e proprie rivolte nei casi in cui le proprie richieste, aspirazioni, ambizioni non furono soddisfatte.
A questo suo stadio anteriore, a questa corporazione, ma soprattutto alla straordinaria produzione artigiana e artistica dei corollari è dedicata la grande mostra «L’arte del corallo in Sicilia» aperta nel settecentesco palazzo Pepoli di Trapani trasformato in uno dei musei meglio attrezzati dell’isola. La mostra è stata preparata da una lunga e intesa fase di studio da parte di numerosi esperti che hanno affrontato l’argomento da diversi punti di vista, quali la storia dei corallari di Trapani (Costanza), la produzione del corallo in rapporto alla cultura artistica in Sicilia tra il Sei e il Settecento (Abbate), i valori simbolici e mitici del corallo (Di Natale) e ancora il corallo e l’arte del presepe (Buttitta), le fonti letterarie (Guttilla), il punto di vista scientifico (Maccarone), gli usi e i procedimenti produttivi (Tartamella) la rilettura dei capitoli trapanesi del 1628 e del 1633 in cui si parla degli scultori di corallo e dei corallari (Patera). Un ricchissimo catalogo, introdotto da Corrado Maltese, raccoglie tutti questi contribuiti storico-critici insieme alle schede riguardanti le centinaia di pezzi esposti nella mostra.
Ma lasciamo pure agli specialisti il piacere un po’ esclusivo delle scoperte e dei confronti e, magari, delle riserve attributive, e immettiamoci lungo il percorso, più veloce e imprevedibile, certamente saltuario e sconnesso, ma forse anche più ricco di invenzioni, accostamenti, analogie, suggestioni e associazioni libere, della scolaresca allegra e vociante che è entrata un momento prima di noi nelle sale del museo e ci avvolge ora da tutte le parti ora, con le più incredibili ramificazioni, come una colonia di coralli…
Le opere, del resto, si prestano a un impatto fondato sul puro piacere degli occhi e sullo scatenamento del libero gioco dell’immaginazione: i corallari, artigiani e artisti, volevano ottenere certamente questi effetti, sfruttando sapientemente le qualità della materia, decorando piatti, piattini, calamai, acquasantiere, vassoi, lampade, calici, ostensori, cornici, capezzali e poi monili di ogni tipo e ancora statuine di santi, crocifissi, paliotti e presepi.
Un repertorio fittissimo che sta a documentare la continuità ininterrotta di una produzione artigianale e artistica che ha inizio nella prima metà del XVI secolo e assume le caratteristiche più significative, sia per quantità che per qualità, nei due secoli successivi, quando alcuni dei personaggi più illustri del tempo compivano il loro pellegrinaggio a Trapani e si portavano via, come cimeli preziosi, più belle opere dei corallari della città.
Ed è facile immaginare quanto si dovettero sentire stimolati nelle loro realizzazioni gli artigiani e gli scultori trapanesi da questo concorso di viaggiatori e dalla possibilità di far giungere le loro opere nei luoghi più diversi e soprattutto nelle collezioni più prestigiose della Sicilia, dell’Italia e del resto dell’Europa. La svolta più significativa nell’arte del corallo trapanese si registra, infatti, tra la fine del Sei e gli inizi del Settecento grazie anche ai rapporti più stretti che gli artigiani locali strinsero con l’ambiente artistico palermitano, dominato dalle figure di Paolo e Giacomo Amato e del loro entourage formato da scultori, plasticatori, pittori, fra cui primeggiano i Serpotta.
I due architetti ebbero una posizione dominante nella vita culturale della capitale e con le loro realizzazioni di apparati effimeri (carri trionfali, macchine di fuoco di artificio, altari, archi di trionfo, catafalchi) coinvolsero le più diverse forze produttive per circa un cinquantennio ed ebbero una influenza importante anche sulla lavorazione artigiana e artistica del corallo.
MOSTRA DELL’ARTE
DEL CORALLO IN SICILIA
Museo Pepoli
Trapani
Fino al’1 giugno