Filiberto Menna (Salerno 11 novembre 1926 – Roma 6 febbraio 1989)
Figlio di Alfonso Menna (1890-1998), integerrimo amministratore comunale e sindaco di Salerno per quasi un ventennio, e di Gemma Giuliano (1897-1989), casalinga, ultima di nove sorelle, che ha saputo, con amore e equanimità, educare i figli Filiberto e Gelsomina, detta Mimma, e Giuseppe, Filippo ed Etereo, nati dal precedente matrimonio, alla comprensione e al rispetto reciproco, creando, così, una grande famiglia simile a quella da cui proveniva, ha sposato, nel 1959, Bianca Pucciarelli, in arte Tomaso Binga, artista verbo-visuale, con la quale, a Roma, nel 1974, ha fondato l’Associazione Culturale Lavatoio Contumaciale, attuale sede dell’Archivio Menna/Binga. Nel 1994 si è inaugurata, a Salerno, la Fondazione Filiberto Menna. Centro Studi di Arte Contemporanea, nata dall’impegno del padre, della moglie Bianca e degli Enti locali. Giulio Carlo Argan n’è stato il primo presidente.
1944
Consegue la licenza liceale al Liceo Torquato Tasso di Salerno e s’iscrive alla Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Napoli.
In questi anni, nella sua formazione e per gli svolgimenti futuri del suo lavoro, hanno assunto un ruolo determinante i soggiorni estivi, a Macchia di Montecorvino Rovella, nella casa di campagna di Tullio Lenza, figura esemplare di socialista, di amministratore pubblico e di letterato. «Rimase sorpreso, e quasi si schernì, come se non gli fosse dovuto, quando nell’autunno del 1968 gli portai la mia Profezia di una società estetica che gli avevo dedicato». La casa di Macchia, «luogo mitico» e «isola felice per una ristretta cerchia di amici», certo, è luogo di democrazia e di esplorazioni filosofiche e poetiche di respiro europeo, ma anche e insieme d’incontri inquietanti. «Dal piano di sopra della casa di campagna», ricorda, «quotidianamente scendevo al piano di sotto, dove viveva, quasi tutto il tempo oblovianamente a letto, Francesco, il fratello di Tullio. Era una discesa nel sottosuolo, una stagione all’inferno: l’universo che Tullio viveva, di sopra, alla luce di una ragione critica temperata dalla frequentazione assidua, empatia, della Poesia, si capovolgeva nel suo opposto nel mondo sotterraneo in cui Francesco mi parlava ossessivamente dell’irrazionale e dell’inconscio. (…) Ai testi che io leggevo al piano di sopra opponeva altri testi, mi poneva innanzi altri testimoni del moderno, da Nietzsche a Freud, a Jung, soprattutto. Macchia, per me, è stato questo. E una volta ne ho anche parlato con Tullio, dopo che Francesco era scomparso da moltissimi anni. Sorridendo ci siamo detti che si era trattato, in fondo, di un combattimento per un’anima tra un angelo e un demone. Ma ricordo che Tullio non mi disse da quale parte giocasse il suo ruolo nell’antichissima tenzone» (F. Menna, senza titolo, in Tullio Lenza. Scritti, Il Catalogo, Salerno 1987, pp. 91-92). Una parte consistente della Biblioteca Lenza è stata donata dagli eredi alla Fondazione Filiberto Menna. Centro Studi di Arte Contemporanea.
1948
Inizia il suo impegno politico, a Salerno, «con gli amici e compagni Abdon Alinovi, Ninì Di Marino, Pietro la veglia, Roberto Visconti, Remo Sessa, Tullio Lenza e Gaetano Macchiaroli» (Dentro e fuori. Intellettuali e istituzioni, pietro laveglia editore, Salerno 1980, p. 5).
1950
La Libreria Macchiaroli, un vero e proprio centro culturale, nel cuore della città, a piazza Malta, avvia un’attività, perfino, pionieristica, Il lettore, diretto da Pietro Laveglia, futuro editore, e con Aldo Falivena, futura grande firma del giornalismo televisivo, segretario di redazione. Il lettore è un «giornale parlato». I collaboratori del giornale leggono i loro pezzi – politica, letteratura, arte – e, poi, si apre la discussione. L’appuntamento è settimanale, ogni giovedì. L’intenzione, dice l’editoriale di presentazione, è di contribuire «alla diffusione sempre più larga, più popolare, più aperta, più libera della cultura fra masse di cittadini sempre più vaste e più desiderose di apprendere e di seguire, anche quando non ne hanno la possibilità materiale ed economica, i continui sviluppi del pensiero e del progresso nel campo vastissimo delle arti, delle lettere e delle scienze». Tra i giovani collaboratori figurano appunto, Filiberto Menna, Italo Gallo, Giovanni De Crescenzo e Luciano Vecchi. Qualche anno più tardi, Mario Carotenuto, artista e memoria irrinunciabile della città, con un velo di malinconia, scriverà: «Intanto alcuni amici della Libreria erano andati via da Salerno, come Filiberto Menna, Aldo Falivena e Luciano Vecchi». Si v. la puntuale e partecipata ricostruzione che ne ha fatto Luigi Giordano (La città rimossa. Cronache di vita intellettuale salernitana tra il 1949 e il 1963, presentazioni di A. Capone e F. Menna, Pietro Laveglia Editore, Salerno 1982).
1951
Consegue la laurea in Medicina e Chirurgia all’Università degli Studi di Napoli.
1952
Si trasferisce a Roma, in quanto vincitore del concorso per funzionario presso l’Alto Commissariato d’Igiene e Profilassi, successivamente trasformato in Ministero della Sanità.
1955
Viaggio in Turchia (24 settembre – 10 novembre). Menna, in missione in Turchia per studiarvi il sistema sanitario, utilizza questo tempo anche come viaggio di formazione artistico-archeologico, spingendosi fino in Grecia, dove si ferma ad Atene e di qui raggiunge l’Argolide (F. Menna, Lettere dalla Turchia, introduzione e appendice di L. Pucciarelli, Edizioni Lidia, Roma 2006).
1956
I fatti d’Ungheria, vissuti con sofferenza, lo allontanano dalle posizioni ufficiali del PCI. Il 1956 è anche l’anno di Mondrian. «Per me fu un’autentica rivelazione e spero che questo libro, che muove appunto da allora, abbia conservato almeno un poco di quella impressione profonda», scriverà nel 1962 nella Nota che accompagna Mondrian. Cultura e poesia, la sua prima monografia, terminata nella primavera del 1961.
1957
Partecipa al quiz televisivo Lascia o raddoppia, condotto da Mike Bongiorno, e, come ultima domanda, ricostruisce una natura morta di Morandi vincendo il primo premio finale.
1958
Pubblica un saggio su Ottone Rosai su invito di Roberto Longhi (Saggio di Filiberto Menna in C. Lonzi, R. Tassi, F. Menna, Tre saggi su Ottone Rosai, pubblicazione, a cura dell’Istituto d’Arte, Firenze 1958), a cui si è avvicinato, avendo mostrato interesse per I fatti di Masolino e Masaccio, e, nello stesso anno, L’“astrattismo romantico” di Jackson Pollock, in «Commenari», IX, fasc. 111, luglio-settembre 1958. L’accesso a «Commetari», rivista fondata e diretta da Lionello Venturi e Mario Salmi, è la riprova della definitiva scelta dell’arte contemporanea e, in particolare, dell’attenzione all’insegnamento di Venturi che, nel 1955, per raggiunti limiti d’età, ha lasciato la cattedra romana. La Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma ha chiamato a sostituirlo Giulio Carlo Argan, a cui Menna si legherà per scelte culturali e per un comune sentire etico.
1958/1964
Intensifica l’attività di critico militante collaborando a «La Fiera Letteraria» (1958-61) e ai quotidiani romani «Il Popolo» (1961-64), «Telesera» (1960-62), che lascerà quando il quotidiano della sera vira a destra, e «Il Globo» (1962-68).
Pubblica, nel 1962, Mondrian. Cultura e poesia, prefazione di G. C. Argan, Edizioni dell’Ateneo, Roma e, nello stesso anno, anche Industrial design, inchiesta, “Quaderni d’Arte oggi”, 1, Ed. Villar, Roma.
Partecipa attivamente al dibattito sull’arte dopo l’informale, prendendo distanza dalla Nuova Figurazione, a sostegno delle esperienze legate alla Pop Art e alla Nuova Astrazione e, in Italia, alla pittura oggettuale e all’arte programmata. Collabora su questi temi, tra l’altro, con saggi e note critiche ad «Arte oggi», «Il Verri», «Palatina», «Rendiconti», «L’Europa Letteraria», «L’Architettura. Cronache e Storia», «Edilizia Moderna» (si v. A. Cascavilla, a cura di, Bibliografia degli Scritti di Filiberto Menna 1958-1989, Edizioni 10/17, Salerno 1991).
1965
Consegue la Libera Decenza in Storia dell’Arte presso l’Università di Roma che lo porta all’insegnamento universitario.
È professore incaricato, per un triennio, di Storia del Disegno Industriale e di Storia dell’Arte contemporanea presso il Corso Superiore di Disegno Industriale e di Comunicazione visiva di Roma.
È professore incaricato di Storia dell’Arte medioevale e moderna all’Istituto universitario di Magistero di Salerno. Intorno al suo insegnamento si raccolgono alcuni giovani studiosi di diversa provenienza culturale: Alberto Granese che, poi, assecondando i suoi prevalenti interessi, si dedicherà allo studio della letteratura italiana, disciplina che ora insegna all’Università di Salerno, e Angelo Trimarco. Subito dopo arricchiscono questo nucleo iniziale Silvana Sinisi e Achille Bonito Oliva. Nei primi anni Settanta affiancherà il gruppo anche Rino Mele che si occupa, in particolare, di cinema e di teatro sperimentale anche come regista.
Nello stesso anno è critico d’arte del quotidiano «Il Mattino» di Napoli. È l’inizio di un lavoro, appassionato e difficile, di svecchiamento della cultura artistica e delle abitudini critiche che per alcuni decenni hanno dominato la scena. «La critica napoletana è pessima, veramente pessima. Veramente la ragione prima del ritardo, a Napoli, è dovuta all’immoralità, all’insufficienza e all’incultura della critica d’arte esercitata sui quotidiani», scrive con durezza, proprio nel 1965, Raffaello Causa («Marcatrè», n. 14/15, p. 44). Menna segna una frattura e una discontinuità con questo costume.
1967
Pubblica Enrico Prampolini, De Luca Editore, Roma.
1968
Pubblica Profezia di una società estetica. Saggio sull’avanguardia artistica e sul movimento dell’architettura moderna, Lerici, Roma.
1969
Consegue la Libera Docenza in Progettazione artistica per l’Industria.
È Direttore dell’Istituto di Storia dell’Arte dell’Università degli Studi di Salerno: un Istituto multidisciplinare che, nel comprendere discipline storico-artistiche, archeologiche e dello spettacolo, anticipa l’organizzazione dipartimentale.
Dirige la collana «Design» pubblicata da Editalia, Roma. Gli autori dei primi due volumi della collana sono E. Frateili, Design e civiltà delle macchine e G. Dorfles, Marco Zanuso.
1970
Pubblica La regola e il caso. Architettura e società, Ennesse Editrice, Roma.
Dirige la collana «arti spazio-visive» per rumma editore di Salerno. Con Marcello Rumma, giovane collezionista e, appunto, editore, condividerà anche l’esperienza della Rassegna di Pittura che, dal 1966 al ’68, andrà in scena negli Arsenali dell’Antica Repubblica di Amalfi.
Risulta vincitore del concorso universitario per professore ordinario di Storia dell’Arte contemporanea. Viene chiamato, in qualità di professore straordinario di Storia dell’Arte contemporanea, dalla Facoltà di Magistero dell’Università degli Studi di Salerno che, così, istituisce la prima cattedra di Storia dell’Arte Contemporanea in Italia.
1972
Il Convegno di Studi sul Surrealismo ha la durata di due anni accademici, dal 1972 al ’73.
È coordinatore della Commissione di Studio e della Commissione di Attuazione della terza mostra, La ricerca estetica dal 1960 al 1970, della X Quadriennale Nazionale d’Arte, Roma, Palazzo delle Esposizioni, novembre 1972-giugno 1973.
1973
Dirige, dal 1973 al ’75, con Giuseppe Bartolucci, a Salerno, la Rassegna Incontro. Nuove Tendenze. Sul ruolo svolto da Menna negli svolgimenti dell’arte, a Salerno, nel decennio 1966-1976 (si v. S. Zuliani, a cura di, La costruzione del nuovo. Salerno 1966/1977 Documenti Immagini Testimonianze, Edizioni 10/17, Salerno 2005).
È componente della Commissione giudicatrice del concorso per il progetto di massima della nuova sede dell’Università degli Studi di Salerno nella Valle dell’Irno.
Dirige la collana «Saggi/Documenti» per Officina Edizioni di Roma.
1975
Pubblica La linea analitica dell’arte moderna. Le figure e le icone, Einaudi, Torino (1983-2001).
Nel novembre fa un viaggio in Cina con Angelo Trimarco e Mariapaola Fimiani. Del viaggio cinese testimonia la scrittura, F. Menna,Lettere dalla Cina, introduzione di L. Pucciaelli, Edizioni Lidia, Roma 2006.
Inizia a collaborare a «La Voce della Campania», quindicinale del PCI, che prova, a Napoli e in Campania, a forzare i limiti dell’appartenenza, aprendo ad energie ed esperienze esterne. Scrive di questioni di politica culturale, di problemi dell’università, in particolare, dell’università di Salerno, della città e del territorio, di poesia, dedicando un ricordo a Gatto e a Pasolini.
E’ eletto Consigliere Regionale della Campania, quale Indipendente nelle liste del PCI. Questa scelta nasce da una lunga riflessione sulla situazione politica italiana e dalla forte spinta impressa da Enrico Berlinguer alla costruzione di un nuovo modello di società e da un franco dialogo con i giovani dirigenti della segreteria del PCI salernitana, guidata da Franco Fichera. L’intreccio di questi problemi Menna lo ha messo a fuoco in una serie d’interventi pubblicati in quotidiani e, in particolare, ne «La Voce della Campania» che, nel 1980, si è ricordato, ha raccolto in Dentro e fuori. Intellettuali e istituzioni. Nel 1979, allo scadere del mandato consiliare, esprime la volontà di non ricandidarsi e s’iscrive al PCI.
1976
È Preside, per un triennio, della Facoltà di Magistero dell’Università degli Studi di Salerno.
1978
È commissario alla Biennale di Venezia 78.
Critico d’arte del quotidiano «Paese sera», è responsabile de «I fatti dell’arte» che, con cadenza settimanale – il lunedì – fa il punto sulla situazione artistica nazionale e internazionale. Intorno a questo progetto si raccolgono le energie migliori della critica d’arte italiana.
1980
Pubblica Critica della critica, Feltrinelli, Milano.
È chiamato alla Facoltà di Architettura dell’Università di Roma, in qualità di professore ordinario di Istituzioni di Storia dell’Arte, insegnamento tenuto come professore incaricato dall’a.a. 1974-75. Nel 1986 l’insegnamento è denominato Storia dell’Arte Contemporanea.
1982
Fonda e dirige la Collana «Figure. Teoria e critica d’arte» (Edizione Kappa di Roma; nuova serie, Edizioni 10/17 di Salerno).
1986
È nominato Consigliere d’Amministrazione dell’Ente Autonomo Esposizione Nazionale Quadriennale d’Arte di Roma.
1988
È componente della Commissione consultiva della Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna.
Pubblica, quasi un lascito testamentario, Il progetto moderno dell’arte, Giancarlo Politi Editore, Milano e William Hogarth. L’analisi della bellezza, Edizioni 10/17, Salerno.