Astrazione povera

La Fondazione Filiberto e Bianca Menna, in collaborazione con il Lavatoio Contumaciale e con l’Associazione FigurAzioni, è lieta di annunciare Astrazione Povera, una importante mostra curata da Massimo Maiorino e Giulia Perugini, nel cui comitato scientifico figurano Laura Cherubini, Lorenzo Mango, Antonello Tolve e Stefania Zuliani, che si terrà nella sede romana della Fondazione, già sede dell’Archivio Menna/Binga.

Un’esposizione costruita ed articolata come una riflessione proteiforme sull’Astrazione Povera di cui segue l’itinerario, traccia la cartografia, segna le figure - Gianni Asdrubali, Antonio Capaccio, Mimmo Grillo, Bruno Querci, Mariano Rossano, Lucia Romualdi, Rocco Salvia - ed ascolta l’assunto teorico, ordito con misurato esprit de géométrie da Filiberto Menna. Nello spazio morbido e seducente degli anni Ottanta segnato dalla galassia postmoderna, dal «senso di saturazione ingenerato da un epigonismo sfrenato» (Balmas) oscillante tra una figurazione dolce ed un violento espressionismo, nonché dalle infinite coniugazioni della pittura citazionista, nutrita fino allo sfinimento da formule anacronistiche, l’Astrazione Povera segna il perimetro di un’esperienza che affida la propria strategia operativa alla polarità proficuamente antitetica di riduzione e di costruzione. Nel discorso menniano, epicentro teorico del gruppo - in controtendenza con le esuberanze della scena postmoderna ed orientato dall’instancabile convinzione dell’arte intesa come ricerca e costruzione, progetto e trasformazione - «il tratto che unisce queste nuove esperienze è la nuova attenzione che gli artisti rivolgono a procedimenti formativi più marcatamente sorretti da una intenzione costruttiva, da una esigenza di un più forte controllo mentale, da una riproposta della centralità della struttura sintattica dell’opera». Operanti sotto la formula aurea di Mies van der Rohe de «il meno è il più», Asdrubali, Capaccio, Grillo, Querci, Rossano, Romualdo e Salvia praticano una pittura che punta sulla riduzione linguistica, che abolisce l’immagine tenendosi lontana «perfino dal rumore che può continuare a sprigionarsi dal colore, privilegiando l’impiego esclusivo del bianco e del nero e delle gradienze intermedie dei grigi» (Menna). Una scelta linguistica che si autoalimenta nella costruzione per riduzione della sintassi pittorica, ma anche un meditato processo di azzeramento che coincide con un atteggiamento etico, prim’ancora che estetico, che apre la scelta astratta di questi artisti ad un’idea povera, di semplicità, di misura, così come scrive Capaccio, nel primo manifesto teorico di questa linea, redatto nel 1983, occorre «riguadagnare alla pittura un’economia di senso e di movimento che restituisca a questo operare una qualità di necessità che è anche una qualità di verità». La mostra seguendo il doppio filo che costituisce la proposta dell’Astrazione Povera, il tessuto teorico e la fattura che determina il processo di costruzione della superficie pittorica, si snoda attraverso la contestualizzazione dell’operato degli artisti del gruppo nella cartografia artistica degli anni Ottanta e si nutre della fecondità delle scritture critiche e programmatiche che accompagnano questa silenziosa e ben temperata avventura. Accanto alle opere degli artisti, che affidano il loro discorso al dettato di una singola opera, sarà presente una nutrita sezione dedicata alla documentazione, con immagini, cataloghi, articoli e manifesti che rappresentano la cronistoria e la preistoria dell’Astrazione Povera. Una scrittura espositiva che, perseguendo il mandato menniano, bilanciato tra analisi teorica ed incursioni sul campo, muove dai manifesti redatti dal gruppo di Sant’Agata dei Goti - segnando così anche una linea di continuità con esperienze maturate negli anni Settanta - per giungere alla conclusione del decennio successivo, offrendo uno sguardo d’insieme che possa supportare e completare il processo di ricostruzione storica.